8 marzo, scioperi e proteste: più festeggiamenti, meno ideologia

Buonasera a tutti. Eccoci ancora qui, nuovo anno, nuovo 8 marzo. In compagnia dell’ideologia e dei sindacati, che ne han combinata un’altra delle loro.

Le Organizzazioni Sindacali Cobas Lavoro Privato e Cub Trasporti hanno aderito allo sciopero proclamato a livello nazionale dai rispettivi sindacati nazionali, per l’intera giornata lavorativa di mercoledì 8 marzo.

Uno sciopero. Per l’8 marzo. Sarà certamente un caso, anzi, sarà dovuto al fatto che mercoledì si trova in mezzo alla settimana e così facendo causeranno il maggior fastidio possibile. Sì sì, dev’essere così.

O forse no. Forse, considerando la data, gli sproloqui uditi in questi ultimi anni (femminicidio, maschilismo, patriarcato, discriminazione e quant’altro), nonché i manifesti appesi sui muri in cui s’invoca appunto uno sciopero generale di tutte le donne, il caso non c’entra proprio nulla. Forse si tratta della precisa volontà di protestare e lamentarsi per qualcosa che NON esiste.

Fatto noi occidentali viviamo nel periodo storico e nell’angolo di mondo migliore che potessero capitarci, siamo diventati più schifosamente ricchi, liberi, sicuri e arroganti di qualunque popolo che sia mai vissuto nel corso della Storia. Guardando a qualunque indicatore della qualità della vita, non abbiamo nulla da lamentarci. Anzi, forse dovremmo tenere una festa ogni giorno per ricordarcelo.

Fatto gli eventi spiacevoli capitano. Le persone s’innervosiscono, s’incazzano, si aggrediscono a vicenda, si fanno del male. Non è materialmente possibile prevenire le conseguenze negative delle relazioni interpersonali in toto, a parte in uno scenario distopico e realmente oppressivo alla Minority Report. Tutto ciò che possiamo fare è provare a limitarli, e i numeri ci dicono che ci stiamo riuscendo piuttosto bene: leggiamo in ItaliaInCifre2015 (Istat) che dal 2010 al 2013

  • gli omicidi volontari consumati sono sostanzialmente stabili,
  • tentati omicidi, omicidi colposi, violenze sessuali e danneggiamenti sono calati,
  • solamente percosse e minacce sono cresciute.

In sostanza gli indicatori in positivo sono superiori a quelli in negativo. Ora, per quanto possa essere spiacevole per le vittime, non si cancella tutto ciò con qualche legge o centralino, bensì tramite operazioni tese a migliorare complessivamente la qualità della vita nel Paese. Non casualmente negli indici internazionali sulla criminalità luoghi come la Danimarca, la Svizzera, l’Austria, i Paesi Bassi e la Finlandia si trovano sempre agli ultimi posti, chiunque abbia le capacità cerebrali almeno di un decenne capisce che ciò non è dovuto al funzionamento del sistema legislativo.

Se le signore femministe volessero davvero più sicurezza farebbero meglio a premere perché si renda la società complessivamente più serena e vivibile, non per avere telecamere e centri d’ascolto a ogni angolo. Ma forse la sicurezza non è ciò che vogliono realmente, forse la loro idea è un mondo in stile Grande Fratello soggiogato in perpetuo da un governo femminista.

Fatto il primo Woman’s Day si tenne negli Stati Uniti nel 1908. Nel corso dell’incontro politico si discusse di questioni lavorative, discriminazione e diritto di voto. A oggi le donne

  • hanno diritto di voto,
  • non vengono discriminate e, allo stesso tempo, è ancora considerato buona norma e regola per un uomo trattarle con un quid in più di rispetto (pratica che peraltro mi trova d’accordo),
  • godono di prospettive uguali agli uomini, se non ben più rosee, per quanto riguarda il mondo del lavoro.

Stando alle statistiche del MIUR circa l’anno accademico 2015/16

Rimane predominante tra gli immatricolati la presenza femminile (55,2%)

conseguentemente, titolo di studio superiore, prospettive lavorative superiori.

Per quanto riguarda l’attività lavorativa in sé, non è affatto vero che vengono escluse o discriminate. Ci racconta l’Istat che a ottobre 2016 i tassi di occupazione, disoccupazione e inattività erano:

  • uomini, rispettivamente 66,4%, 11% e 25,2%,
  • donne, rispett. 48,1%, 12,4% e 45%,

e in quello stesso mese il calo della disoccupazione coinvolgeva solo la componente femminile (-3,1%). Se guardiamo ai numeri di occupati, disoccupati e inattivi espressi in migliaia di unità troviamo:

  • uomini, rispett. 13.226, 1.637 e 4.867,
  • donne, rispett. 9.527, 1.352 e 8.775,

ergo, siccome quei 4.000 punti di differenza tra le voci “occupati” si ritrovano precisamente sotto “inattivi”, abbiamo probabilmente diverse famiglie nelle quali la donna è casalinga. E questo dovrebbe essere uno scenario di discriminazione e diseguaglianza? Non scherziamo.

Ancora, stando a un comunicato stampa di Vega Engineering, a inizio 2016 si contavano 1.172 morti sul lavoro, dei quali 1.072 uomini. Interessante vedere come ciò è stato esposto da tale Mauro Rossato, presidente del gruppo

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uh? “ben” 100 donne?

Una sconfortante analisi degli infortuni mortali da Nord a Sud del Paese che nel 2015 ha coinvolto 1.072 uomini e ben 100 donne. […] Madri, mogli, figlie che non ci sono più. 

Ci rendiamo conto? “Ben” 100 donne, ovvero ben una donna ogni dieci uomini. “Ben” una madre, moglie o figlia ogni 10 padri, mariti o figli. È una cosa inaudita!

Seriamente, perché noi uomini ci stiamo facendo calpestare in questo modo?

Per non parlare di quei 1.072 uomini che hanno perso la vita al lavoro e le cui famiglie, forse, vivevano grazie a quell’unico reddito del proprio caro deceduto. E’ una situazione inquietante a cui il Governo deve assolutamente ed urgentemente mettere la parola “fine”.

Ah ecco, esistiamo anche noi dunque. Non si tratta di “ben” 1.072 uomini, tuttavia, ovvero dieci volte superiori alle donne, si tratta di un fanalino di coda. Nonostante siano il dato maggiore. Probabilmente perché noi uomini sappiamo affrontare i problemi senza farne un dramma?

Tra parentesi, la storia secondo la data 8 marzo sarebbe legata a un incendio in una fabbrica di camicie che costò la vita addirittura a “centinaia” di operaie è una favoletta. Benché nel marzo 1911 si sia verificato realmente un episodio simile (l’incendio alla fabbrica Triangle di New York), in quella circostanza morirono 123 donne e 23 uomini. Com’erano i numeri per il 2015 in Italia? Ah sì, 100 contro 1072.

Fatto le donne sono più suscettibili alla violenza domestica e alle sue conseguenze in quanto fisicamente più deboli, e questo non è in discussione. Non esistono la “cultura della violenza” né “dello stupro”, come abbiamo visto sopra i numeri raccontano l’esatto contrario. Esiste solo il fatto che, come già detto, le relazioni interpersonali possono sfociare nell’aggressività, e chiaramente quando succede gli uomini hanno un vantaggio biologico non colmabile né con le parole né con le ideologie.

Parlando adesso di vittime per un momento, non corrisponde a verità neppure la tesi che le donne siano solamente o principalmente tali, come riportato eloquentemente da un’analisi del 2011 secondo la quale

  • risultano più prone a lanciare o colpire con oggetti, schiaffeggiare, calciare e mordere
  • sono protagoniste di  episodi di violenza non grave a un’eguale frequenza rispetto alle controparti maschili.
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foto di Eugene Zelenko, presa dalla wiki

Siccome non viviamo in una società che insegna ai ragazzi a maltrattare e/o denigrare le ragazze, la strada per ridurre gli incidenti domestici non è protestare contro quanto già non succede. L’idea secondo cui occorre “convincere gli uomini a non essere aggressivi” è assolutamente priva di senso in quanto, se a qualcuna è sfuggito, nessuno ci esorta a comportarci in maniera tale verso le nostre partner!

Ora, da parte mia vorrei che chi alza le mani contro la propria moglie/compagna/fidanzata venisse a sua volta picchiato ed esposto al pubblico ludibrio, com’era consuetudine in passato, ma in attesa che si torni a ciò il procedimento migliore da seguire è

  • capire cos’è incluso veramente nelle statistiche, siccome in questi ultimi anni le definizioni di molestia, violenza sessuale e quant’altro sono state curiosamente allargate, tanto che, in certi college americani, è diventato molestia l’approcciare una ragazza senza il suo consenso (sic),
  • spiegare che esistono strutture apposite cui rivolgersi e insistere perché le si contatti. Quando diverrà chiaro che i meccanismi di protezione esistono, funzionano e le donne non hanno timore e farvi ricorso, tanto basterà.

Fatti conclusivi noi uomini veniamo accusati regolarmente da una malsana propaganda femminista di essere dei mostri dediti all’oppressione dell’altro sesso quando i numeri dicono tutto l’incontrario. La differenza tra le favolette politico-ideologizzate e i fatti non potrebbe essere più chiara, eppure, nonostante ciò, questo 8 marzo si verificherà uno sciopero che colpirà milioni di individui assolutamente estranei a qualunque forma di misoginia.

Vediamo di finirla con la follia femminista. Vogliamo festeggiare le donne? E festeggiamole, chi ha mai detto che non dovremmo. Ricordiamo il contributo da loro portato all’umanità, magari. Ma senza politica, senza ideologia, e senza falsità.

Per ora mi fermo qui, tuttavia nei prossimi giorni provvederò a dissezionare gli incredibili e arroganti “8 punti per LottoMarzo” siccome è tempo che si dia una regolata a questa sociopatia fuori controllo. Nel frattempo, buona serata a tutti e buona domenica.

[l’Umano]



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